sabato 31 ottobre 2009

CURIOSITA’ DI CACCIA

Siamo sempre alla ricerca di novità, così cercando ispirazione passeggiavo per le pagine di internet e sono inciampata in qualcosa di interessante e curioso. La notizia è questa: nel bergamasco esiste un telegiornale tutto incentrato sulle tradizioni del territorio quindi la caccia con approfondimenti sui i trasporti ed il traffico. I giornalisti parlano in dialetto, sottotitolato in italiano. La cadenza del telegiornale è settimanale e coprirà, come prima fase il Veneto e la Lombardia. Lontano da noi è giudicare ma con spirito antropologico ci possiamo avventurare e vedere come le tradizioni siano ben radicate nelle persone, in modo particolare quando i venti di crisi soffiano. E così si cercano i gesti che hanno accompagnato l’infanzia o la vita intera, quelli dei nonni, genitori, zii come a cercare la sicurezza consolidata della tradizione, che ci protegge dai venti freddi come il focolare domestico.


Elisa Mazzei

giovedì 29 ottobre 2009

LE ARMI DA CACCIA



La normativa italiana in materia venatoria risulta chiara per quanto concerne l’utilizzo delle armi da caccia. La legge n. 517/1992 in vigore parla dei mezzi consentiti per l’attività venatoria e ne indica tre: il fucile, l’arco e il falco. Sono vietati altre armi e mezzi non menzionati. Il più diffuso oggi è senza ombra di dubbio il fucile da caccia che si distingue in tre grandi gruppi: i fucili a canna liscia sparano munizione spezzata ( i pallini), i fucili a canna rigata sparano munizione unica (proiettile) ed infine i fucili combinati sono dotati di due o tre canne di cui almeno una liscia ed una rigata, sparano sia munizioni spezzate che proiettili. Il fucile da caccia è uno strumento balistico perfezionato ed è l’ultimo, in ordine di tempo, prodotto dall’uomo per cacciare durante il trascorrere di varie epoche. Il cacciatore che predilige l’arco invece si mette in contatto con un mondo arcaico infatti per millenni lo strumento è stato utilizzato per cacciare, solo in un secondo momento si è trasformato in arma da guerra. Il falconiere invece instaura un rapporto di fiducia ed affezione con il “mezzo”. L’animale è rispettato, perché si instauri un rapporto il falconiere deve farlo volare tutti i giorni ed è solo allora che il nobile animale torna dall’uomo. Il rapace segue il cacciatore dall’alto ed è pronto a raggiungere la preda alzata dall’uomo e dal cane. E’ un tipo di cacciata diversa, il mezzo che l’uomo utilizza non è un oggetto ma un altro essere animale incoraggiato ad usare le sue eccellenti doti di rapace.

Elisa Mazzei
Fotografia scattata in Azienda Agrituristico Venatoria Galiga da Elisa Mazzei

martedì 27 ottobre 2009

CACCIA CON IL MALTEMPO

Mi sono divertita a cercare frasi e detti popolari, vecchie verità, riguardanti il mondo venatorio che condivideremo strada facendo. Ma visto che può capitare che taluni si spaventino per il maltempo, non è il caso di questi ultimissimi giorni in cui sembra arrivata in anticipo l'estate di San Martino, vorrei ricordare una frase: se piove e tira vento di germani ne fai cento perchè la saggezza popolare ricorda che non c'è stagione che impedisca al buon cacciatore di effettuare carnieri importanti, basta solo essere accorti!

Elisa Mazzei

giovedì 22 ottobre 2009

A CACCIA SOTTO LA PIOGGIA

In mattinate piovose come oggi, quando anche il meteo sembra abbandonare le certezze delle previsioni ci si potrebbe rifare ai segni che per secoli l'uomo ha cercato di cogliere come premonitori di pioggia. In tal proposito ci piace ricordare un sonetto di Benedetto Menzini che nel XVII secolo cantava alla corte dei Medici:

Sento in quel fondo gracidar la rana
indizio certo di futura piova;
canta il corvo importuno, e si riprova
la folaga a tuffarsi alla fontana.

La vaccherella, in quella falda piana,
gode di respirar dell’aria nuova;
le nari allarga in alto, e sì le giova
aspettar l’acqua che non par lontana.

Veggio le lievi paglie andar volando
e veggio come obliquo il turbo spira
e va la polve qual palèo rotando.

Leva le reti, o Restagnon; ritira
il gregge agli stallaggi; or sai che, quando
manda i suoi segni il ciel, vicina è l’ira.


Elisa Mazzei

mercoledì 21 ottobre 2009

LA CACCIA IN TOSCANA ALL’EPOCA DEL GRANDUCATO

Durante l’età barocca per un raggio di dieci miglia attorno alla città di Firenze non si poteva cacciare ‘con archibusi a ruota o corda a lepri, capri, cervi e cinghiali, o altri animali grossi servatichi’. Una regalia concessa dai granduchi alle famiglie nobili proprietarie terriere, fu quella delle bandite di caccia e pesca …
La difesa del patrimonio faunistico coincideva con la tutela dell’ambiente, perché le risorse venatorie ed ittiche dovevano essere sfruttate razionalmente, consentendo il ripopolamento della selvaggina. Nelle bandite era vietato l’utilizzo dei cani liberi se non con un collare attaccato ad un bastone di legno, che era lungo almeno un braccio, e che rendeva l’animale meno veloce. La caccia era permessa dal primo ottobre al primo giorno di quaresima, ed era regolata in modo da non disturbare le operazioni della semina, della coltivazione, e della raccolta dei prodotti agricoli …
Il Barco Reale della villa di Artimino divenne la principale bandita medicea, e si caratterizzò per il fatto di essere completamente circondato da un muro lungo 30 Km, posto a protezione di cinghiali, lepri, starne, fagiani, e daini bianchi, ma anche per evitare danni all’agricoltura recati dagli animali selvatici.




Tratto da:

Zangheri, Luigi, Storia del giardino e del paesaggio. Il verde nella cultura occidentale, Firenze, Leo S. Holschki, 2003, pagg 123-125


Chiara Mazzei

domenica 18 ottobre 2009

DETTO DEL GIORNO

Domenica, 18 Ottobre, San Luca

" San Luca, la palomba è perduta"

sabato 17 ottobre 2009

A CACCIA DI PROVERBI

L'ingordo cane che due lepri caccia, ben presto d'ambedue perde la traccia.

CORNO DA CACCIA

L’aria della mattina taglia le mani, il cielo è nitido e la luce bianca dell’autunno illumina il paesaggio. Il tempo dell’attesa accresce l’emozione. Il fiato rompe il muro del freddo, le parole sono sempre più concitate. Si ride e si scherza prima dell’inizio della grande avventura anche per affrontare l’emozione che cresce e l’adrenalina che sale. Il singolo diventa gruppo e specchiandoci gli uni negli altri si tessono rapporti umani forti. Quelli basati sulla condivisione di esperienze ricche, dalle quali si torna cambiati. Una luce acceca la vista. Repentina torna a far visita all’occhio. Passa. Allora si cerca la sua provenienza tra i corpi infreddoliti. Eccolo, l’ottone lucidato di fresco su cui il tempo ha lasciato i segni del suo passaggio. In alcuni punti il nero prevale anche se si vede che è stato pulito e lucidato per l’occasione. Il suo è un compito importante e c’è un specie di ammirazione per lui, un po’ di timore. Tutti sono in postazione adesso, le mani lo impugnano e lo portano in alto. La luce si riflette accecante sull’ottone, il primo rombo scuote l’aria, il secondo e poi il terzo: si dia inizio alle danze!

Elisa Mazzei

venerdì 9 ottobre 2009

IL DIRITTO E LA CACCIA

In Italia la caccia non è un diritto del cittadino ma è una concessione dello Stato purché sia compatibile con le coltivazioni agricole e con la conservazione della fauna selvatica, considerata patrimonio dello Stato. Dal punto di vista normativo può cacciare chi ha compiuto la maggiore età ed è in possesso della licenza di porto di fucile per uso caccia, di un tesserino regionale con riportato il calendario venatorio e la selvaggina abbattuta ed una polizza assicurativa per la responsabilità civile. Tre sono i metodi che si possono usare per cacciare: il fucile, l’arco ed il falco. L’uso dell’arco e del falco hanno un’origine antichissima e radicata nell’immaginario collettivo e ci riportano ad un tempo lontano. L’uso del fucile è più recente e raggiunge una vasta diffusione quando le armi da fuoco diventano efficienti. I suoi perfezionamenti si susseguono inarrestabili, dal grilletto unico all’estrattore automatico dei bossoli e via dicendo. Naturalmente non possiamo non ricordare il grande compagno delle avventure venatorie: il cane. La caccia quindi permette di immergersi nella natura, aiutandosi con gli animali e con gli strumenti che l’uomo ha inventato e perfezionato per ricollegarsi a quello che sarebbe il suo habitat naturale, non la foresta di cemento cittadina ma i boschi delle colline e le radure delle valli e pianure.

Elisa Mazzei

venerdì 2 ottobre 2009

IL CACCIATORE DI PROFESSIONE

La caccia nelle nostre campagne, per tradizione è legata al mondo contadino, cioè alla vita del podere. Era infatti un esercizio fondamentale per la sopravvivenza ma c'è da ricordare un aspetto fondamentale ovvero che la coltivazione del podere creava un ambiente adatto alla selvaggina stanziale e migratoria. Il podere occupava areee molto vaste di territorio ed era molto diffuso così da creare una vastissima superficie molto adatta alla caccia. Era un'area geografica che comprendeva la Toscana, l'Emilia Romagna, l'Umbria, le Marche e parte del Lazio ( regioni che hanno una tradizione venatoria molto radicata). L'esercizio della caccia poteva diventare anche lavoro con la figura del cacciatore di mestiere, di solito un giovane ribelle che decideva di cambiare vita perché rifiutava le logiche di sottomissione del “capoccia” o del “padrone”. La sua ribellione nasceva come critica sia al ruolo del capofamiglia la cui parola era legge, che da un mondo mezzadrie anacronistico. Abbandonata la casa paterna egli si costruiva un capanno ( su modello ed esperienza del capanno di caccia) e si dedicava alla pesca, alla raccolta di frutti selvatici, alla caccia sfruttando quanto la natura poteva offrire. La sua conoscenza del territorio e dell’attività venatoria gli permettevano di accompagnare i signori cittadini durante le battute di caccia per farli divertire e raggiungere un carniere importante. Il periodo storico in cui si colloca la sua figura è di grandi cambiamenti sia sociali che territoriali: le grandi bonifiche e il forte inurbamento hanno portato ad una diminuzione drastica della selvaggina (stanziale e migratoria) così da ridurre molti tipi di caccia determinando il tramonto anche della figura del cacciatore di mestiere.